andare in profondità con la psicoterapia roma prati 21 Ott 2020

BY: admin

Psicoterapia

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articolo a cura del dottor Simone Ordine

Spesso, quando si parla della psicoterapia, si dice che è un modo per andare in profondità. Quest’espressione non ha semplicemente a che fare con quella che viene chiamata psicologia del profondo, fondata da Jung e legata alle teorie psicodinamiche. Scendere in profondità grazie alla psicoterapia ha molti significati, diversi strati o livelli di senso.

Andare a fondo: dedicare tempo a un argomento

Innanzitutto, andare a fondo significa poter dedicare del tempo a uno specifico tema, a un particolare argomento, che si tratti di un pensiero o di un’emozione. Facciamoci caso: solitamente, il modo in cui trattiamo alcuni temi, quando parliamo normalmente, con un familiare o con un gruppo di amici, appare superficiale.

Passiamo da un tema all’altro, sfiorando appena la superficie. È quella che il filosofo Heidegger nell’opera “Essere e tempo” chiama “chiacchiera”.

Una modalità comunicativa che ci conduce a “galleggiare in una inconsistente leggerezza”. L’importante è discorrere, non prendersi cura di quel che si dice.

In psicoterapia accade l’esatto contrario.

Ci si prende il tempo per vagliare quel pensiero, per tuffarsi a capofitto in quell’emozione. Se un paziente esprime tristezza, allora quella tristezza va analizzata. Quando è che sente quell’emozione? In che momento la sente di più? Quando è che si spegne? Quali pensieri associa a questa sensazione?

andare in profondità dedicare tempo a un argomento

Invece di soprassedere, di andare oltre, fare psicoterapia significa starci dentro. Alcuni pazienti, all’inizio, possono pensare che si parli sempre delle stesse cose, ritornando continuamente su un tema. Ma quando nel corso della seduta emergono dei nodi importanti, occorre dedicar

 

e tempo all’analisi attraverso i sogni, le fantasie, gli incubi, i desideri… bisogna sviscerare, svolgere l’argomento e affrontarlo da diverse prospettive.

Andare in profondità è l’opposto del rimuginare, tipico degli stati depressivi o ansiosi. Infatti, rimuginare significa tornare su uno stesso pensiero più volte, ma senza andare da nessuna parte. È una ripetizione cieca e inconcludente, come il movimento a vuoto di un giradischi rotto che procede all’infinito.

Quando si torna su uno stesso tema in terapia, invece, lo si fa per approcciarlo da un altro punto di vista. Ciò avviene nella terapia individuale ma anche in terapia di gruppo, dove si ha accesso ha una polifonia di prospettive diverse, tutte quelle di chi partecipa alla seduta.

Andare in profondità: accedere al livello simbolico

Quando ci si prende il giusto tempo, quando si rallenta per poter riflettere, si ha la possibilità anche di accedere a un ulteriore livello di significato, quello simbolico. Scendere in profondità significa anche questo: andare oltre la superficie delle cose per vedere qualcos’altro.

È il terapeuta spesso a portare la seduta in questa direzione.

Pensiamo, per esempio, a un paziente che arriva nelle stanza di terapia e si lamenta di quanto pesi lo zaino che ha sulle spalle. Quello zaino è qualcosa di concreto, reale, con uno suo effettivo peso. Ma potrebbe rappresentare qualcos’altro? Visto che il paziente ha aperto la seduta parlando di questo peso che sente sulle spalle, potremmo pensare che – magari – in questa fase della sua vita sente un peso dentro o su di sé? Un peso che ha a che fare con qualcosa di irrisolto?

Altra situazione. Il paziente afferma che la luce nella stanza gli dà fastidio, è troppo fredda. È un dato di fatto, probabilmente preferisce in generale la luce aranciata delle lampadine anziché quella bianca del led. Ma se andiamo al di là del senso superficiale di questa frase, cosa troviamo? Le parole sono polisemiche, hanno più significati. Forse, sente che il terapeuta è freddo durante le sedute? Avrebbe bisogno di più calore umano?

Ogni cosa, potenzialmente, ha carattere simbolico. Tutto può significare qualcos’altro, rimandare ad altro. Un oggetto che si perde o che si rompe, qualcosa che viene dimenticato, anche le frasi possono avere un doppio fondo. L’abilità del clinico sta nel capire quando è bene rimanere sul piano concreto della realtà fattuale e quando, invece, è opportuno effettuare uno scarto e passare al piano simbolico.

Andare piano per procedere più veloce

Andare a fondo nelle cose in terapia, dunque, come abbiamo visto, significa prendersi il tempo per analizzarle da più prospettive diverse, lasciargli spazio. Significa rallentare, andare più piano. E, allo stesso tempo, vuol dire imporre un’accelerazione al processo che si sta portando avanti.

È questo il paradosso della psicoterapia: più si rallenta e più si procede velocemente nel percorso, permettendogli di fluire nella direzione giusta e di raggiungere il suo compimento.

Andare in profondità: dall’esteriore all’interiore

Esiste un ulteriore livello relativo all’andare in profondità in terapia. Ha che fare con il passaggio dal piano esteriore a quello interiore. È qualcosa di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo su psicoterapia e Vangelo, dedicato alla cura dell’interiorità.

Pensiamo a una persona che si sente sempre sporca e che, per questo, si lava continuamente. Per quanta acqua possa far scorrere sul proprio corpo, per quanto possa strofinare a fondo, non si sente mai pulita. Anzi, finisce con causarsi dermatiti e altri disagi. Questo perché, evidentemente, quella sensazione di sporcizia non ha a che fare con il corpo nella sua concretezza, ma con l’interiorità dell’individuo.

A quel punto, l’intervento del terapeuta può consentire di passare dal piano esteriore a quello interiore. La domanda che porrà sarà: forse ti senti sporco dentro, in realtà?

Questo tipo di dinamica, con la quale cerchiamo di risolvere un disagio che sentiamo dentro con azioni concrete, è estremamente diffusa. Pensiamo al vuoto della bulimia, un vuoto che si cerca di riempire mangiando continuamente. Ma anche ai vuoti che cerchiamo di chiudere attraverso l’alcol o altre sostanze. Pensiamo a chi ha una scarsa considerazione di sé e cerca continuamente di ottenere successi e l’approvazione altrui per sentirsi bene. Eppure la sua autostima non si muove di un millimetro.

Andare in profondità significa poter vedere che, al di sotto di questo comportamenti, c’è spesso un conflitto irrisolto.

La terapia per arrivare a dis-identificarsi con il proprio io

L’obiettivo fondamentale di tutto questo processo è quello di aiutare il paziente che viene in terapia a dis-identificarsi dal proprio io. Come sottolinea Massimo Recalcati, riprendendo Lacan, il disagio dell’uomo moderno deriva dal pensarsi come un uomo senza inconscio, quindi dall’identificarsi esclusivamente con il proprio io. È quello di cui parla Eckart Tolle nel libro “Il potere di Adesso”.

Quando si sperimenta un violento attacco di panico, cerchiamo di controllarlo con uno sforzo di volontà, attraverso la nostra parte cosciente. Ma non ci riusciamo.

Eppure, in apparenza, non è successo nulla.

Magari eravamo in fila allo sportello della banca oppure tra le corsie del supermercato a fare la spesa e l’attacco di panico si è manifestato all’improvviso, repentino, sconvolgendoci completamente, facendoci provare un terrore senza fine, la paura di stare per morire.

L’io non è in grado di capire o gestire quella forza potente di cui ci sentiamo in balia. Per poter trovare una vera salute mentale, è necessario che entri in contatto con gli aspetti più profondi di sé. Occorre andare oltre l’io, inteso come flusso di pensieri ed emozioni, per contattare ciò che c’è oltre il pensiero, la nostra essenza come fonte di serenità, pace e vitalità.

Per fare tutto questo, in psicoanalisi si usano i sogni, i lapsus, le libere associazioni di pensiero, tecniche che permettono di entrare in contatto con aspetti inconsci e profondi. In altre accezioni, si possono utilizzare tecniche meditative che consentono di capire che dentro di noi ci sono risorse estremamente terapeutiche.

Spesso la patologia nasce proprio dal fatto che si sente una coincidenza tra io ed essenza. Ma il nostro io non è altro che il deposito delle esperienze precedenti, anche traumatiche, che si cristallizzano in schemi di comportamento e automatismi, in molti casi disadattivi. Una corazza caratteriale, una sovrastruttura che diventa causa di disagio. La psicoterapia e le tecniche di meditazione permettono di soffermarsi su questi meccanismi, osservarli dall’esterno, metterli in discussioni, elaborarli e oggettivarli.

Permettono di creare uno spazio di riflessione tra l’io e l’essenza.

A quel punto si ha una rinascita, quella seconda nascita di cui parla Gesù a Nicodemo quando dice che bisogna nascere di nuovo per entrare nel Regno dei cieli. Una è la nascita della carne, l’altra quella dello spirito.

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